Vendere allo scoperto senza usare la Tesla

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Vendere allo scoperto senza usare la Tesla

Lo “short selling” (vendita allo scoperto) è una pratica che i traders (speculatori) mettono in atto quando ritengono che un asset (una commodity, un’azienda, un intero indice, ecc…) sia sopravvalutato.

Semplificando, il processo tecnicamente avviene prendendo in prestito l’asset che si vuole “shortare” e vendendolo al prezzo attuale, per poi chiudere la posizione a mercato comprandolo quando il prezzo sarà sceso.

SE sarà sceso.

Come scrive Chris Isidore su CNN Business, quest’anno è stato molto negativo per i “contrarian” di Tesla: l’azienda di Elon Musk ha continuato a battere record su record, ha effettuato uno split 5 a 1 continuando a crescere anche dopo, e a brevissimo sarà inclusa nell’indice americano S&P 500 (finora era presente solo sul Nasdaq).

Il tutto raggiungendo un P/E (rapporto tra prezzo e ricavi, ovvero uno degli indicatori principali nell’analisi fondamentale) di oltre 1100: una follia completa!

Eppure, chi ha scommesso contro Musk e soci quest’anno si è fatto veramente male.

Secondo l’analisi di S3 Partners, gli investitori short in Tesla hanno perso 35 miliardi di dollari su quelle posizioni finora quest’anno.

Per contestualizzare tale perdita, l’industria aerea statunitense ha registrato perdite nette combinate di 24,2 miliardi di dollari (escluse le voci speciali) nei primi nove mesi del 2020: le peggiori perdite mai registrate dal settore.

I venditori allo scoperto di Tesla hanno perso $ 8,5 miliardi nel solo novembre, poiché le azioni della società sono aumentate del 46% nell’ultimo mese!

Dopo anni di perdite per gli investimenti nella produzione di auto elettriche, l’azienda ha iniziato a realizzare un profitto alla fine del 2019.

Le azioni sono decollate, guadagnando oltre il 600% da inizio anno. Ora vale più o meno quanto le prossime sei case automobilistiche mondiali più preziose – Toyota (TM), Volkswagen (VLKAF), Daimler (DDAIF), General Motors (GM), BMW e Honda (HMC) – messe insieme, nonostante realizzi solo una minima frazione delle vendite di una qualsiasi di queste società.

Lo stesso Musk, che non ha mai nascosto il suo disprezzo per i venditori allo scoperto, ha più volte affermato pubblicamente di ritenere sopravvalutate le azioni della propria società.

In una e-mail della scorsa settimana, ha anche avvertito i suoi dipendenti (che in genere sono anche in minima parte azionisti) che se non lavorano per controllare i costi e gli investitori iniziano a dubitare delle previsioni di grandi profitti in futuro “le nostre azioni verranno immediatamente schiacciate come un soufflé sotto una mazza!”.

Scoppierà la bolla? Probabilmente sì, ma nessuno sa quando né a che livello.

Persino short sellers famosissimi come Jim Chanos e Michael Burry (colui che per primo aveva previsto la crisi dei mutui subprime e che è stato interpretato da Christian Bale nel film “The Big Short”, esempio lampante di lost in translation) finora hanno solo perso soldi scommettendo contro Tesla e restando con un pugno di mosche in mano.

Dal punto di vista BuzWay, è fondamentale ricordare che la vendita allo scoperto non rientra assolutamente tra le strategie consigliate agli investitori.

I traders più intraprendenti potranno valutare la possibilità di sviluppare sistemi di trading automatico dedicati al lato short, purché all’interno di un portafoglio molto ben bilanciato, con un ferreo controllo del rischio e la consapevolezza che si tratta di una strategia avanzata, che presenta la possibilità di realizzare perdite molto elevate a fronte di un profitto comunque limitato.

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